giovedì 28 ottobre 2010

Right Times, Wrong Times.

La scuola procedeva non molto tranquillamente. Senza volerlo riuscivo sempre a dimenticare qualcosa ed essere indietro su qualcos'altro. Che frustazione ragazzi!
Non è per lamentarmi, ma ho notato pure che i professori non sono poi così amichevoli in questa scuola che frequento ora.
Solo oggi avevo una marea di esercizi di pianoforte da fare per domani! Quando lo stesso profe mi aveva detto che non mi avrebbe mai dato esercizzi da un giorno a quello dopo, e la cosa più sfigata è che oltre ad avere il mal di testa, ho anche perso il foglio dell'esercizio più importante.
E sapete la parte peggiore? È che tutto questo contrasto professore-alunno, mi urta e mi intimorisce. A casa molti esercizi di musica come il solfeggio, o esercizzi di pratica al piano, riesco benissimo a farli. A scuola no, già magari sono messo in soggezione dagli altri miei compagni, e poi ci si mette pure il profe? Questo è un autentica tortura, altro che andare da Alexander Mcqueen!
Il mio primo professore di pianoforte mi disse che io avevo le basi per diventare un ottimo pianista, anche oltre Lady Gaga, dopotutto ho iniziato a comporre dopo solo 6 mesi. Chissà, spero che tutta sta fatica e sta noia mi porteranno da qualche parte.Di certo la mia connessione non và da nessuna parte!
E parlando di cose che non vanno...
" ma con Vladimir?" mi chiese Fede, la mia compagna di banco.
"vladimir? È un fico. Ma è sempre così impegnato con l'università, non so se lo rivedrò e non so nemmeno se ci sarà davvero qualcosa fra noi, dato che è così impegnato sempre!"
"oh, capisco. Beh peccato "
"lo hai detto! Pensavo che con uno così potessi avere un qualcosa di speciale"
"vabbeh, ne troverai un'altro!"
"e come? Non riesco nemmeno a trovarmi delle scarpe che mi vadano bene!"
"massi dai. È solo impegnato con la scuola, mica hai detto che è anche straniero? Sarà che non capisce molto o roba del genere. Vedrai che presto vi vedrete. E sarete felici assieme"
"oh, tu si che sei un'amica!"
ero molto in dubbio su Vladimir, però ci speravo. Dopotutto era solo impegnato con la scuola, o no?
Quella sera, dopo aver passato un pomeriggio nella solitudine e aver tentato di fare i compiti. Telefonai ad un mio vecchio amico, Dario.
"Hey ciao Dario!"
"Livietto. Come stai?" Dario mi chiamava sempre Livietto, era tenero e dolce. Peccato che fosse attratto solo da stronzi insensibili. Ovviamente era gay anche lui.
"sto abbastanza bene dai. E tu?"
"insomma."
"perchè che succede?"
"ma niente di che. Lascia perdere. Allora cosa mi racconti di nuovo?"
"eheh, cosa vuoi che ti racconti? Le solite cose. Scuola impegnativa...e un ragazzo con cui mi sto sentendo che non vedo mai."
"perchè? Ma vive lontano?"
"nono, vive lì a Milano. È sempre impegnato con la scuola, dice che non esce nemmeno il sabato da quanto studia."
"ma che scuola fà?" intanto io, a piedi nudi, facevo finta di avere i tacchi e giravo in giro per la stanza stando sulle punte.
"fa il...Mantoni? Manzoni? Mantenoni? Macheroni? Mattoni? Qualcosa del genere! È un università di moda."
"la Marangoni?"
"si!!! bravo!"
"oh, brutta storia."
"perchè scusa?"
"anche io uscivo con uno che faceva quella scuola. E non ci vedevamo mai."
"e alla fine come è finita?" sentendo quelle parole, sentii improvvisamente il bisogno di mettere un secondo i tacchi invisibili a riposo e sedermi sul letto.
"niente. Mi ha detto che aveva iniziato a sentirsi con un'altro."
"oh. Beh, mi dispiace tesoro."
la cosa mi sconvolte alquanto. Ma dopotutto pensai, lui viene sempre scaricato, quindi non devo preoccuparmi. Si okay, sarò pure stato stronzo a pensarlo, ma era la verità.
"ma traquillo. Ma di sicuro a voi due non capiterà così, vedrai che con te continuera a vedersi."
le sue parole mi rassicurarono, anche se non ne ero del tutto convinto, ma mi convisi presto. Dopotutto ci eravamo baciati e mi aveva detto tante belle cose, che preannunciavano un sincero "mi piaci".
Poi Dario continuo dicendomi:
"e poi con il ragazzo con cui mi sento ora..."
a quel punto, sentii il bisogno di sdraiarmi sul letto.
"perchè? Dai raccontami"
mi racconto di questo suo "ragazzo" che era un ragazzo emo-scene, quindi uno sfigato totale, che flirtava con lui e si comportava come un effettivo ragazzo. Andando e venendo da casa sua, lasciando parlare i suoi genitori con Dario in persona, che si fidavano cecamente di lui. Il problema? Dal vivo questo ragazzino, non si faceva nemmeno far fare una carezza da Dario. Si sentiva a disagio con lui in pubblico e preferiva evitare attegiamenti intemi tra loro due. Dario ne aveva abbastanza.
"insomma, non può venire qui, fare tutto il tenero, usare le mie cose, cercarmi le coccole. E poi in giro fingere che non ci sia niente."
"certo che no! Chi crede di essere?"
"suo padre mi ha pure detto che non si stupirebbe se un giorno io lo mandassi a cagare a lui o al figlio. E mi sa che è quello che farò.
"ma fai bene tesoro. Non devi farti sfruttare."
a quel punto mi venne spontanea una domanda. Non sarebbe meglio iniziare a crearmi una lista di regole con gli uomini?
Vladimir mi piaceva. Anche tanto. La mia totale preocupazione però era una: quando è giusto?
Eravamo usciti dopo due settimane di continuo messaggiare, e ci eravamo baciati al primo appuntamento. E il secondo non si sapeva bene quando sarebbe arrivato. Ma il mio punto fermo rimaneva il capire il "quando è giusto fare cosa".
Col mio ex, ad esempio, ci eravamo stabiliti di andare molto piano, tanto che alla fine non abbiamo mai fatto sesso. Ovviamente dopo nemmeno un mese che stavamo insieme ci siamo mollati perchè non c'era più desiderio l'uno dell'altro.
Quindi. Che fare?
"fai come meglio credi e non porti limiti. Quello che accadrà, accadrà da sè e perchè vorrete che accada. E non ve ne pentirete, credimi." la mia amica Angie aveva decisamente riflettuto sull'argomento, dato che lei e i ragazzi avevano un rapporto...come dire. Di non comunicazione.
Domenica sera al Live Keller, davanti ad una birrà. In un ambiente dove tutto mormofa Rock N Roll, non parlare di sesso e rapporti è un reato!
"beh si potremmo anche fare così. Ma se poi rovinassimo qualcosa?"
"mhn...beh, però non è detto."
"si, ora che ci penso meglio. Hai ragione. Magari se aspettiamo troppo per qualcosa, rischiamo di perdere il momento giusto, che era propio quello."
"eh, appunto. Ma scusa, noi stiamo parlando di fare sesso o anche altro?"
"diciamo che stiamo parlando di un pò tutti i passi delle prime non-coppie e delle coppie."
"non-coppie?"
"si."
"scusa e cosa sono?"
"le non-coppie sono quelle coppie che si stanno ancora creando, tipo di due ragazzi che escono senza non aver ufficializato per forza la cosa. Però di fatto escono e quindi sono una coppia, ma non sono una coppia ufficiale. Quindi si chiamano 'non-coppie'. Capito?"
"a stare con te imparo sempre una parola nuova"
"di che state parlando?" si aggiunse Marty, un'amica del gruppo con cui Angie stava cercando di farmi entrare, ma che intanto mi aveva fatto conoscere.
"di rapporti amorosi e cotte!" risposi sorridendole facendole segno con la birra in mano.
"oddio, non me ne parlate! E di cosa di preciso se posso?"
"ma niente, solo che a me piace un ragazzo e non so bene come comportarmi, sai no? Quando fare cosa e come, ho paura di anticipare troppo e ho anche paura di fare troppo tardi."
"Oh, come ti capisco."
angie ritorno nella conversazione: "ma adesso basta parlare di ragazzi. Beviamo le nostre birra e ascoltiamo musica."
quella sera al Keller infatti c'erano dei tizzi che suonavano live, non erano un gruppo. Anche perchè suonavo un pò tutti. Angie mi aveva fatto uscire con loro all'ultimo minuto perchè voleva presentarmi dei ragazzi della sua compagnia che cercavano un cantante per una band Hard Rock/Glam. E ovviamente lei citò loro il mio nome.
Continuava ad incitarmi "dai su vai a cantare!"
ma io rispondevo continuamente "nono"
ero messo in soggezione da quel mondo. Anche se era quello a cui mi sarebbe piaciuto aderire di più.
Per un attimo me ne stavo seduto tranquillo con la mia birra mentre cercavo di ambientarmi, quando...
"usciamo a fumare una sigaretta?" mi chiese Angie.
"oddio" dissi.
"che c'è?"
"no niente". Davanti a noi era passato un ragazzo. Mathias.
Mathias era uno uno dei miei principali "Auto-Schifo" ovvero una di quelle persone che sembrano esistere solo per farti sentire uno schifo, appunto. Non so, sarà che era bello, con stile. Un tipo alla mano. Un fico insomma, almeno dal mio punto di vista. Fatto sta che vederlo quella sera, dal vivo, mi fece perdere quella poca fiducia che avevo in me stesso.
"allora vieni?"
ripresi coscienza della realtà. "sisi vengo"
mentre uscivo, mi resi conto che Mathias si mise a guardarmi. Anzi a dire la verità, quella sera lo beccai più volte mentre mi osservava. Non ci feci caso e prosegui sopra tranquillamente. Tornando a concentrarmi sul mio vero problema: scuola e Vladimir.
Ormai Vladimir non solo non sapevo più quando lo avrei rivisto, ma iniziò a rispondermi sempre meno. Credevo fosse impegnato con la scuola. Avevo torto.
Dopo un'altra settimana di scuola con mille perplessamenti per essa, le nuove conoscenze, i nuovi ritmi di vita, le mie lotte interne per la mia autostima praticamente inesistente fra persone di cui tempo il giudizio e persone che mi fanno sentire uno schifo e chi più ne ha più ne metta, ritorno il week end. Ormai stavo iniziando ad ambientarmi in quel gruppo. E forse sarei diventato cantante anche del gruppo di questo amico che mi aveva presentato Angie: Tiziano.
Sabato sera. Dovevamo uscire tutti assieme abbastanza presto, per mangiare una pizza, andare al Keller e forse dopo allo Zoe. Ero riuscito ad avere il permesso per restare fuori fino alle quattro di sera dai miei, e non vedevo l'ora.
Quel sabato tuttavia, speravo di passarlo con Vladimir che aveva ricominciato a scrivermi, pensavo che siccome negli ultimi giorni stavamo ricominciando a sentirci abbastanza spesso, che quel sabato saremmo usciti. Non fù così.
Il mio discorso sui "tempi giusti" non ebbe nemmeno il tempo di iniziare a tracciarlo che...
"hey come stai Vladimir?" chi scrissi per email su facebook.
"bene e tu?"
"bene! Sai che ora posso rimanere in giro per milano fino alle 4 e passa del mattino?"
"wow. Davvero?" speravo mi invitasse con lui al Plastick, anche se so che ai suoi amici non sarebbe andato a genio la cosa. Parentesi: ma i suoi amici che hanno? 40 anni? Insomma non abbiamo bisogno di presentazioni ufficiali, tra ragazzi ci si presenta al momento! Vabbeh.
"sisi davvero. Però magari dopo un pò di sere che esco, potrei chiedergli di rimanere a restare a dormire da qualcuno. Qualcuno che magari mi piace."
ovviamente il messaggio era abbastanza esplicito, dato che sapevo di piacergli.
Mentre attendevo la sua risposta, che sapevo sarebbe stata dolcie e calorosa, pensai a come sarebbe restare da lui a dormire e ai vari perplessamenti, di nuovo, sul discorso del "tempo giusto".
Mi rispose: scusa? Non ho capito.
Ovviamente il mio inglese era da migliorare. Gli riscrissi la frase in una maniera più semplicifata.
"non ho capito di nuovo tesoro, scusami. Ma davvero non capisco."
si decisamente. Quando parlavo in inglese ero sempre nervoso, perchè avevo paura di sbagliare ed esseregiudicato male per questo. E riscrivere due volta una frase al tipo che mi piaceva, non era piacevole. Repressi subito questi pensieri e gliela riscrissi, pensando che tanto non ci avrebbe fatto caso, perchè gli piacevo.
"scusami. Ma non ho ancora capito."
a questo punto pensai di fare davvero schifo. Aprii Google e cercai Google Traslate. Tradussi la frase dall'Italiano all'Inglese e gliela mandai.
Finalmente mi rispose e non per chiedermi cosa tentavo di dirgli. Finalmente avrei potuto leggere la sua cara risposta, una delle tante che ormai da un mese mi allietavano le giornate.
"devo dirti una cosa. Non voglio ferire i tuoi sentimenti.
Ma qui c'è un ragazzo con cui mi vedo, allora possiamo essere amici, non so cosa cosa pensi di tutto ciò."
ci rimasi di...sasso? No, di merda! Oggi dopo quasi un mese, rileggo queste parole e mi viene voglia di spaccare qualcosa a terra, o di sputagli in un occhio.
Erano le 7.46 di sera, i miei amici sarebbero venuti a prendermi alle 8.00 e io non avevo in faccia nemmeno un filo di trucco. Dopo questo messaggio, mi alzai e andai in bagno a prepararmi.
Alle ore 7.56, tornai in camera. Dopo aver riflettuto sulla cosa per un secondo. Gli risposi una risposta tanto breve quanto falsa:
"si, è tutto okay. Possiamo rimanere amici, yeah!"
ebbe anche il coraggio di rispondermi: "That's Good!" con uno smile che non la finiva di farmi un sorriso che avrei voluto distruggere a forza di calci e pugni. Ah, e sputi!
Non mi chiesi chi fosse quell'altro ragazzo. Sapevo che era meglio non saperlo e se lo avessi saputo, sapevo che non mi avrebbe di certo fatto sentire meglio.
Ogni tanto ripasso sulla bacheca di Vladimir e penso. Mi piaceva. Però che coglione!
E poi tanto era basso.
Così creai lì su due piedi la mia prima regole sulle trattative amorose: è meglio iniziare a sofformarsi sui "Tempi Giusti" solo dopo quando sei sicuro di uscirci effetivamente con una persona. E finche non "ufficializate", forse sarebbe meglio non ufficializarti, per lo meno mentalmente.
Il tutto lo riflettevo mentre mi mettevo la matita, l'ombretto e il glitter. Quella sera sarei dovuto essere una bomba. Volevo sentirmi al meglio, perchè mi sentivo al peggio invece.
Allo zoe alla fine non ci andai, anche se litigai con i miei per non avermi lasciato andare.
Quella sera avrei dovuto davvero andare a ballare e divertirmi.
Anche perchè speravo magari di conoscere qualcun'altro, che non mi avrebbe fatto pensare.

domenica 10 ottobre 2010

Lost In The Glitterdust

Riflettevo. A volte stavo ore a guardare e osservare foto di gente che ammiravo o invidiavo.
E così mi ripetevo: vorrei essere...
chiedendomi invece che immagine avessero gli altri di me. So bene che di solito si dice che non bisognerebbe dare importanza a queste stronzate. Ma non potevo fare a meno di chiedermelo.
In passato, ho avuto brutte esperienze in quanto a relazioni umane, che mi hanno portato ad avere paura. E tutti i giorni io uscendo di casa tento di sconfiggere questa paura e di fottere tutti.
Ma, ahime, ho ancora paura. E non riesco a capire il reale motivo, comincio a credere che ormai non potrò mai acquistare quel senso di sicurezza e tranquillità che tanto vorrei avere.
Addiritura mi sono messo a pensare: vorrei essere etero. Così se lo fossi, non avrei quel senso di "distacatezza" che molti altri ragazzi hanno nei miei confronti, e forse sarebbe stato tutto più semplice nella mia vita.
Siamo così bravi a vedere gli altri per quello che sono, ma quando si tratta di noi stessi non ci vediamo mai chiaramente.
Chi lo sa? Certo è che ormai sono così, e niente o nessuno potrà cambiare quello che è stato. Ma forse qualcosa potrà cambiare quello che sarà.
La verità è che persino io sono arrivato ad un punto di rottura, in cui ho iniziato a stufarmi di me stesso.
Quel senso di abbandono, quel senso di isolamento o quel senso di non appartenenza e quel senso di essere meno di; era tutto pesante da portare come fardello.
Mi chiedevo se anche gli altri non provassero queste cose e fossero semplicemente più bravi di me a non farlo a vedere, ma io lo davo a vedere?
I miei amici mi dicono sempre: "fottitine degli altri. Chi cazzo sono?"
questo è vero, ma ci sono certi "altri" che vorresti che ti considerassero.
Non ho mai avuto un gruppo, non so dire se sia un bene o un male. So solo che non l'ho mai avuto. Sono sempre stato da solo, e ho sempre avuto problemi nell'avere degli amici.
Tutt'ora ho problemi col mio essere. ho sempre paura di un rifiuto, sopratutto di gente che ammiro, segretamente e non. E ogni volta che li guardo in giro o in foto, mi sento sempre inferiore a loro e mi sento un autentico sfigato, per dirlo in parole povere.
Avrei tanto voluto poter riuscire a mollare le mie paure, la mia insicurezza. Per questo mi sono inventato un nome d'arte e prima ancora dei sopranomi come Oliver. Per tentare di scappare dal timido e insicuro Livio e poter essere l'aggressivo, eccentrico, pazzo Glamly Rocket. Ma a quanto pare non è facile, continuo ad avere paura.
Spero solo che in futuro mi possano capitare esperienze che mi possano aiutare a poter essere più libero come veramente vorrei essere, e non patire nemmeno un singolo secondo la paura. A volte riesco ad aprirmi del tutto, e quando capita è meraviglioso, un pò di insicurezza e paura c'è ancora, ma di meno e gia lì sento che è bello, quindi.
Sarà che comunque non avendo mai avuto buone esperienze d'amicizia e relazioni in generale, non abbia avuto esperienze positive a cui aggraparmi e per cui sentirmi insicuro.
Mi chiedo, sono da ammirare o da compatire?
Sono l'albero in cima alla collina in mezzo ad un prato fiorito, ricoperto da uno strato eccessivo di Glitter.

martedì 5 ottobre 2010

Luck, Bad Luck and Dates.

Erano ormai due settimane che mi sentivo con Vladimir. E finalmente, arrivò sabato. Ma prima...
venerdì sera. L'ansia mi stava divorando e il timore di sembrare un cesso aumentava di minuto in minuto. Correvo avanti e indietro dal bagno preoccupato di avere i capelli troppo sporchi o messi male, di improvviso decisi di fare una doccia per essere sicuro di poter essere al meglio il giorno dopo.
Ma non feci i conti con i padroni. I miei genitori erano molto inflessibili sull'orario di andare a dormire durante la settimana di scuola, così andai a dormire esattamente alle 10.30. e mi addormentai tre ore più tardi!
Ore 6.00 di Sabato mattina. Suona la sveglia. come un soldato svegliato per scattare all'emergenza in battaglia, così una persona si alza per scattare all'appuntamento.
Feci la doccia. Mi lavai i capelli. Me li piastrai. Mi truccai, senza esagerare però, avevo paura che potessero non piacergli i ragazzi esagerati, così evitai.
Per non svegliare i miei ero andato nel bagno dall'altra parte della casa. Dopodiche tornai di fretta in camera e mi vestii. Mi ero preparato gli stessi vestiti indossati a inizio settimana, solo che erano troppo belli e mi sentivo troppo bene per metterli via da lavare.
Un paio di jeans stretti, maglietta nera senza maniche strappate raffigurante una ragazza che fuma, capelli lisci e leggermente cotonati, gilet di jeans borchiato, un paio di collane e bracciali, e felpa leopardata.
Mi sentivo bello e attraente. Ma ero piu insicuro che mai.
Ore 7.30 mi incammino verso scuola. Uscendo di casa camminavo veloce, mi sentivo strano.
Per la prima volta dopo tanto tempo mi sentivo nervoso, lo stesso nervosismo che la sera prima non mi aveva fatto dormire. Inizio a mandare i primi sms della giornata alle mie amiche per trovare supporto, e loro mi rispondono le solite cose che gli amici usano dirti in questi casi.
Messaggio mio: “oddio mi sto incamminado verso scuola fra poche ore lo vedo. Sono così in ansia!”
risposta: “andra tutto benissimo! Vedrai! :)”
queste sono le classiche risposte, che sono così ovvie, che quando te le dicano, malgrado tu possa supplicare per fartele dire, non hanno mai alcun effetto!
“e se non dovessi piacergli?!”
“ma piantala! Sei bellissimo!”
appunto. Non volevo dirle che non credevo alle sue parole dato che lei non poteva vedermi in quel momento. Però era quello che pensavo.
A scuola mi aspettava una mattina orribile.
Dopo aver passato la prima ora ad ascoltare quel chiaccherone del prof. Di Storia dell'Arte, ebbi ben quattro ore filate di Musica d'Insieme, praticamente quattro ore di musica dove tutti quelli della mia classe suonavano insieme una canzone. Gia odiavo le solite due ore, figuratevi dopo quattro come stavo.
All'una, uscì di corsa dalla scuola. Pensai tutta la mattina a lui e andavo sempre in ansia ogni minuti che passava, in più ero nervoso per le quattro ore orribili, pensavo che il nervoso mi sarebbe rimasto a lungo, ma in quell'occasione sparì immediatamente.
Un pranzo veloce ed eccomi lì, sulla macchina dei miei per Milano. L'incubo non era finito.
Come al solito, mio padre mi disse che in mezz'ora saremmo arrivati a Milano, così feci il conto e diedi appuntamento a Vladimir davanti al duomo alle 14.30. ovviamente mio padre aveva sbagliato i suoi calcoli: non arrivai davanti al duomo prima delle tre in punto.
Mi feci indicare la strada più voloce da dove avevamo parcheggiato al duomo da un collega di lavoro di mio padre, che era andato a trovare.
Non capivo quasi niente di Milano, mi vantavo spesso di andarci. Ma la realtà era un'altra.
Quindi ero lì, un ragazzo, coi capelli arancioni e la felpa leopardata, che è in ansia per vedere il ragazzo che gli piace e perchè è una stazione che non conosce a prendere un treno cittadino di cui non aveva mai sentito parlato fino a 10 minuti prima.
Arrivò il treno. Non si fermò davanti a me, corsi dove si era fermato. Arrivai alla prima porta. Non si apriva, andai a quella dopo, dove altri erano saliti. Il tempo di chiedere a quello salito poco prima, con gia le porte chiuse, come si aprisse, che il treno riparti.
Mi sentii un perfetto idiota. Intanto Vladi mi scrisse “io sono gia qui e tu non sei ancora arrivato”.
La mia risposta fu patetica e ridicola “ho perso il treno scusa. Ora arrivo, dammi 10 minuti. Scusa!”
andai all'altro binario, chiesi informazioni ad una signora seduta su una panchina su come si aprissero le porte del treno. Ripeto: mi sentivo un perfetto idiota.
Dopo aver preso finalmente il treno giusto, presi la metro. E dopo aver subito lo schiaccianoci della metropolitana, arrivai in Duomo. Corsì verso il punto dove mi aveva scritto di essere “sul lato destro della chiesa”.
Provavo di tutto: eccitazione, ansia, paura, felicità. Io ero lì, che mi guardavo attorno cercandolo in giro tra le persone, non lo vedevo. Continuavo a pensare “oh mio Dio, ora mi spunterà davanti”
non vidi nulla, sentii solo “Hey!” da dietro.
Mi girai. Era lì, mi sorrise. Gli sorrisi. Mi diede i classici due baci e “come sei carino. Sei molto cool oggi” “oh anche tu!” iniziare a parlare e a pensare di colpo, da italiano a inglese. Non è cosa facile.
Iniziammo la classica conversazione da primo appuntamento “chi vuole fare cosa dove con chi”
“allora cosa vuoi fare?”
“io? Boh, non saprei” ero molto in imbarazzo. Strano, di solito non lo sono mai.
“beh possiamo fare qualunque cosa tu voglia”
“mhn...ma davvero non saprei”
“vuoi che facciamo un giro in centro? Così magari ti faccio vedere la mia scuola! Non è lontana da qui.”
“si, ok!”
ci addentrammo nel centro di Milano, nella parte dove io non conosco. Passavvo in mezzo a dove stavano i maggiori negozzi di moda, commentano un po' tutte le vetrine. Era anche la Settimana della Moda, era pieno zeppo di gente e feste.
Passammo il pomeriggio a parlare del piu e del meno, scherzando e ridendo sulle nostre difficolta linguistiche.
Piu tardi mi porto alla Rinascente a mangiare, scegliemmo un ristorante a caso. Scoprendo sfortunatamente troppo tardi che era orribibile, ma prima di questo...
“allora che cosa prendi?” mi chiese lui.
“ma.... non saprei. Non c'è molto che mi attiri a dire il vero.”
“se vuoi cambiamo ristorante”
“nono, tanto ormai ho ordinato una coca”
“si okay.”
cadde il silenzio. Guardavo il meno e mi accorsi che il piatto piu economico costava 5 euro, e che erano tutte paste strane e robe così per fare gli sciccosi di alta classe italiana milanese alla moda. Mi chiesi se non era meglio andare ad un banale mcdonald's.
“è tutto okay?” domando guardandomi con un sorriso tenero come una torta.
“sisi. È tutto okay. Ora deciso cosa mangiare!”
“okay” ancora quel sorriso. Era semplicemente adorabile.
Poi continuai “...è...che...sai io ho solo 10 euro, e metà mi serve per pagare il ritorno a casa! e...qui è un pò troppo costoso per me...”
“ma non c'è problema! Pago io per te. Non preoccuparti”
“cosa?! No no no, no, no. No!”
“Si, si, si, si, si. Si!”
“nono, non posso farmi pagare il pranzo da te. Andiamo. Cioè....no! Non posso, davvero!”
“non dire stupidaggini. Davvero pago io per te. Non è un problema, anzi insisto e lo faccio con piacere”
mi colpi, in tutti I sensi. Mi aveva portato a mangiare alla feltrinelli e mi offriva lui da mangiare, fino ad ora era un miracolo se I miei ex mi offrivano un panino. Lo lasciai fare, anche se la cosa mi rendeva a disagio. Ma di fronte a quella sua espressione così serena e dolce. Come si poteva dire di no?
Così ordinammo un piatto strano e orribile, che scoprii poi essere un tipico piatto italiano. Così mi resi conto di quanto non vivessi all'italiana. Ma non mi colpi partcolarmente come problema.
Comunque, dopo aver “mangiato” ci incannammo per il parco del Castello Sforzesco.
Mentre camminavo nel parco, parlavo un pò di altre varie cose, era bellissimo, mi sentivo benissimo. Poi venne il momento di sedersi su una panchina isolata, alias 'andiamo a pomiciare'.
Iniziammo a parlare delle nostre lingue, essendo lui Croato mi disse che stava seguendo delle lezioni all'università di Italiano prima di seguire le vere lezioni di Moda. Così gli feci una piccola interrogazione.
“allora dimmi cosa stai studiando in italiano!”
“mhn...il...congiuntivo? Si dice così?”
“ahhh, si il congiuntivo. Beh per quello non ti preoccupare troppo se non lo impari, un sacco di italiano non lo sanno usare tanto!”
“ah.”
risi. “su dai. Dimmi il Congiuntivo Presente!” dissi con un'ironica aria seria.
“ehm...io...sia?”
“...sai che non me lo ricordo nemmeno più io il Congiuntivo Presente? Allora...che io sia, che tu sii, che egli sia...”
mi corresse “che io sia, che tu SIA, che egli sia, che noi siamo, che voi siate, che essi siano!”
fui un attimo pensieroso poi ci ripensai “oddio lo sai che hai ragione tu!”
Ridemmo.
“e...” prosegui “come si dice in croato 'ciao'?”
“Havaji ” tentai di ripetere “Avag...”
“no Havaji!”
rimasi li a balbettare per un pò e poi scoppiammo a ridere.
“e..” chiesi ancora “come si dice 'grazie'?”
“hvala vam”
apri un attimo gli occhi come per dire 'cosa!' e poi dissi “gia piu facile del precedente...allora...vala vam?” sbagliati la pronuncia, mi corresse. E scoppiammo di nuovo a ridere!
Nel frattempo lui si era avvicinato a me.
Vennero dei minuti di silenzio. Ci guardammo. E come da coppione...venne un marocchino a interromperci e a chiederci se volevamo una rosa! E naturalmente un semplice no bastava. Poi finalmente se ne andò.
“come rovinare un bellissimo momento!” dissi scocciatamente
“secondo me ha pensato che qualcuno di noi due fosse una donna” disse lui.
“probabilmente ha pensato che lo fossi io!”
ero riuscito ad avere un momento chimico perfetto e ora quel marocchino vendi rose me lo aveva rovinato. Diavolo, okay vendi rose, ma non è che devi interrompere e dare fastidio a tutte le coppiette che vedi...
E li, mi bacio. Mentre ero distratto. Si okay, lo stavo guardando. Ma era piu un guardare nel vuoto nella sua direzione. Comunque mi bacio. Ridemmo.
Guardai l'ora. Intanto lui ricevette una telefonata. Mentre discuteva in inglese al telefono con la sua amica, del fatto che per colpa mia era in ritardo di due ore. Mi accorsi di aver perso anche io due treni e che era meglio se correvo se volevo prendere almeno il penultimo.
Ci tenemmo mano nella mano per tutto il percorso castello-duomo. Ero fuso, non so se per il bacio, se per la giornata lunga bellissima e faticosa, o solo per lui. Fatto sta non riuscivo piu a parlare in inglese
“volevo dirti una cosa”
“cosa?” mi chiese incuriosito.
“beh ecco...oddio non riesco a dirlo in inglese”
“perchè no?”
“sono stanco!!! scusa.”
così lo guardai e gli dissi in italiano “ho passato una bella giornata con te, davvero bella”
lui rimase in silenzio, mi guardo, sorrise e disse “anche io...”
“cavolo perdo il treno! Muoviamoci!”
arrivati in duomo corsi a fare il biglietto per la metro, lo salutai velocemente, mal volentiere, da come mi guardava sembrava che nemmeno lui volesse andarsene. Non mi accorsi nemmeno che parlai in inglese all'edicolante.
“beh, io ora devo andare” dissi io dispiaciuto.
“allora...ci salutiamo qui.”
“gia.”
ci fu un breve ma intenso silenzio mentre ci fissavamo. Poi mi abbracciò, mi diede un bacio. E se ne andò.
Dovetti subito voltarmi e dirigermi verso la metro, ma non volevo.
La metro la persi per mezzo secondo. Persi il treno.
In stazione optai di prendere un treno alternativo per non aspettare quello dopo.
Il treno parti. E si fermo. Non capivo.
Vidi un sacco di gente avvicinarsi al treno. La ragazza seduta di fronte a me mi chiese:
“scusa. Che cosa è successo?”
“non, non lo so. Credo un guasto o qualcosa del genere”
la polizia aumentava, tanto che si era formato un bel gruppo di persone alla fine del treno che discutevano. Non capivo.
Vedevo la gente che cercava in giro, e tutti che si lamentavano sul treno. Chi parlando col compagno di viaggio, chi parlando al telefono con chi li stava aspettando altrove. E chi ancora stava semplicemente cantanto stonando ogni singola nota le canzoni più in voga del momento.
Intanto anche io mi lamentavo, si, con la ragazza di fronte a me.
“ma che diavolo, e dire che io ho preso questo treno perchè avevo perso l'altro e non volevo aspettare quello dopo”
“perchè dove abiti?”
“Bergamo.”
“ma...questo non passa per Bergamo!”
“è? ah, sisi lo so. Infatti scendo a Treviglio e cambio. Ma credo che perderò la coincidenza se rimaniamo fermi”
“già. Immagino.”
“e tu di dove sei?”
“io? Brescia!”
“ahh capito. Beh, piacere Oliver”
“Martina”
ci affacciamo entrambi al finestrino di nuovo, chiedendoci che diavolo potesse essere successo, sperando che qualcuno avrebbe dato una risposta alle nostre domande.
Ed eccolo lì, il capo treno, o almeno così sembrava, che parlava ad alta voce al telefono. Con il molto caos presente nella stazione non capimmo molto, capimmo solamente poche parole:
“si è buttato uno sotto al treno”
io e Martina ci rimanemmo di sasso, e un silenzio aleggiò per un istante nell'are e venne interrotto solo dalla mia domanda: “hai sentito anche tu quello che ho sentito io?”
“ah ah.”
ci precipitammo dentro a mandare messaggi e telefonate a tutto spiano, per avvertire tutti che molto probabilmente saremmo tornati a casa chissa quando.
Improvvisamente pensai: ma questo è colpa del Karma?
Avevo sempre chiesto tanta fortuna e gioia nella cariera artistica e nei miei talenti artistici, ma mai in quella amorosa. Ora che ne chiedevo un pò, il Karma aveva preso la fortuna degli eventi casuali di tutti I giorni per metterla nella mia cariera sentimentale? Di logica, ora avrei potutto avere tanta sfiga con tutto. Persino con una banana!
Martina ed io ci affacciavamo spesso al finestrino, in ansia per trovare quello che tutti cercavano: un corpo.
Noi scherzavamo sulla cosa. Anche perchè non ne eravamo del tutto sicuri.
Dopo mezz'ora, passò di lì di nuovo il capo treno e noi, senza indugio, chiedemmo: “ci scusi, ci può dire cosa è successo?”
“tranquilli. Adesso si riparte”
era la terza volta che ci rifilavano quella risposta. Che di solito è la risposta che si da per quando è successo qualcosa che è meglio non dire per mantenere tutti calmi. Che palle essere considerano un idiota. Tenere tutti all'oscuro così non è forse considerare tutti dei perfetti idioti? Forse molta gente lo è, ma mi dava fastidio non sapere.
Dopo 30 minuti, il treno non era ancora ripartito. E se io ormai ero annoiato, il resto della gente sul treno erano infuriati. Mentre tutti iniziavano a chiedersi lamentosi:
“ci sapete dire cosa è successo? Voi sapete qualcosa?”
io, con la tranquillità con cui si dice che ora è, risposi: “dicono che un tizio si è buttato sotto al treno.”
al sentir delle mie parole, nessuno rimase innorridito, anzi, fecere tutto uno sguardo come dire “ma che coglione!”
e intanto mentre guardavo gli sguardi arrabiati delle persone sedute vicino a me, non potevo fare a meno di sentire le cornacchie infondo alla carrozza che stonavano gli ultimi successi del momento, come se nulla fosse.
Finalmente poco dopo il treno riparti, e io iniziai a parlare come se fosse una vecchia amica con Martina.
Preso dall'ansia di Vladimir, dall'ansia del treno in ritardo, ma sopratutto dall'ansia di far incazzare I miei genitori in modo che dopo non mi avrebbero più fatto tornare a milano per vedere Vladimir. Avevo paura di sbagliare stazione, così ad un certo punto, quando credevo che eravamo arrivati alla terza fermata, ed eravamo alla terza fermata, scesi per un pelo dal treno, pensando di essere arrivato a Treviglio.
“oddio dove siamo?!” esultai chiedendo a Martina.
“non lo so...”
“Treviglio era la terza fermata, giusto?”
“credo di si...”
“oddio, è qua?”
mi affaccia alla finestra. Guardai fuori. non vedevo niente, vedevo solo la stazione in lontananza, sembrava propio quella di Treviglio.
“sembra propio Treviglio!”
“ah, allora ci salutiamo qui”
“si. Ciao ciao Martina stammi bene.”
“ciao!”
presi le mie cose e corsi giù dal treno, pensai se non fosse stato scortese non chiedere il numero o l'indirizzo di facebook a Martina, ma dopo pensai che tanto cosa avevamo davvero in comune?
Sarebbe finita per essere uno di quei contatti che non consideri mai, se no una volta ogni tanto per cortesi. Quindi lasciai perdere.
Avevo anche lasciato perdere il fatto che avevo lasciato il biglietto sul treno, ma che importava ero arrivato a destinazione, no?
Scesi. Il gradino del treno era distante da terra, ed ero davvero molto distante dalla stazione. Atterrai su qualcosa di plastico quasi. Non capii. Mi guardai attorno, e lessi I cartelli “Portinengo”.
No, non ero decisamente a Treviglio. Come mi accorsi, il treno partì. E iniziai con la solita canzone “fanculo, fanculo, fanculo....”
Chiamai I miei.
“mamma?”
“si?”
“ho sbagliato stazione!”
“ma come hai fatto?”
ecco, mi avrebbe ucciso e non sarei mai più potuto tornare a Milano da Vladimir. “il treno era molto lontano dalla stazione, e mi sembrava quella di Treviglio, e invece non lo era! Oh, scusa!”
“mhn, vabbeh fa niente. Vai a vedere gli orari”
“è quello che sto facendo!”
cercai un posto per gli orari, lo trovai. “arriva un treno per Treviglio fra poco”
mia madre “prenderlo!”
“si okay” la linea cadde. “mamma? Pronto? Vabbeh.”
corsi in stazione a fare un biglietto, entrai: c'erano solo delle sedie, e una macchinetta per I biglietti con su scritto a caratteri cubitali: “FUORI SERVIZIO”
mi guardi attorno, c'erano solo un ragazzo e una ragazza: “scusate, sapete se ci sono altre macchinette?”
“no mi dispiace. Noi due non siamo di qui, stiamo aspettando un treno”
“oh grazie. Fantastico”
uscii, guardai gli orari e notai che il treno era lì fermo. Mi precipitai a prenderlo.
“Hey, hey, hey, hey.” le porte erano gia chiuse con I pulsanti per aprire le porte rossi. Propio quando ero sul punto di arrendermi, una ragazza che c'era lì mi suggeri: “se fai segno al capo treno di aprirti, ti apre. Dai che sei ancora in tempo”
feci come mi aveva detto. E riuscii ad entrare. Mi sedetti in un posto abbastanza isolato, per paura che mi chiedessero il biglietto.
Ero stanco. Affammato. E terrorizato che I miei mi avrebbero potuto sgridare e mi avrebbero impedito di tornare a Milano. Da Vladimir.
Capìì allora quanto mi piaceva, o quanto poteva piacermi.
E mentre mi avvicinavo verso casa, iniziai a sperare che se avevo così tanta sfiga nelle cose di tutti I giorni, avessi potutto avere un pò di fortuna nelle mie relazioni.
A valor di logica, sarebbe così. Ma chi lo sa c'è davvero una logica con il Karma o la Fortuna.